L’anno 2019, dai dati pubblicati da Istituti Internazionali specializzati e secondo gli analisti che su questi dati hanno lavorato, le prospettive dell’economia del nostro Paese si prospettano difficili, poiché l’andamento dei fondamentali saranno caratterizzati da diversi fattori negativi, che gli esperti concordano originino da 7 possibili cause ( come le 7 piaghe dell’Apocalisse ): dalla Brexit alla fine del quantitative easing di Draghi, dalla guerra commerciale Usa-Cina alle elezioni europee, passando per il rallentamento dell’economia globale, il rialzo dei tassi della Fed e l’aumento dei prezzi del petrolio. E tuttavia, a nove mesi dal suo insediamento il governo in carica non pare darsi pena della tempesta che si sta addensando all’orizzonte. I conti della nostra economia non tornano: il PIL cresce zero virgola, recessione, debito pubblico e tasse in aumento, disoccupazione, soprattutto giovanile, fuga dei capitali e delle aziende. Economia in retromarcia? Ma no! Risponde all’unisono il governo, il mondo degli analisti e dei circoli finanziari sbagliano, mentre i Commissari Europei, che ogni giorno sollevano preoccupazioni, sono i burocrati nemici dell’Italia.
La questione sociale, le politiche di solidarietà, di accoglienza e inclusione, cioè il concetto di umanità che riassume e contrassegna la civiltà e la democrazia di un Paese moderno, sono materie infelicemente e indecorosamente piegate e usate come baratto tra Salvini e Di Maio: tu mi dai quota 100 e io ti permetto il reddito di cittadinanza; le autonomie differenziate e io ti cedo il blocco della TAV, tu accetti la mia politica contro l’accoglienza e io ti consento di tagliare le concessioni petrolifere. Non ci si deve meravigliare, poichè questi sono gli effetti del contratto, una forma di solipsismo psichiatrico, dato che ogni azione che si esplica all’esterno dell’accordo va ricondotta all’interesse personale del proprio unico io che è il solo a stabilire che le leggi morali da rispettare sono quelle che provengono direttamente dalla sua interiorità individuale poiché hanno una validità più spontanea di tutte le regole che altri avrebbero stabilito per lui.
Questa descrizione ci svela la ragione per cui gli attori principali del governo parlano di cambiamento inteso come esercizio euristico, una diversità rispetto al passato che può avverarsi cancellando tutto quanto è stato ereditato, ricominciando da capo. Una strada che ci sta portando fuori dalla storia, dalla normalità dei processi sociali, dalle procedure democratiche, istituzionali, politiche e rappresentative. La minaccia di processare il Presidente della Repubblica, l’impedimento allo sbarco di 177 migranti già sul territorio Italiano ( giacchè erano imbarcati sulla nave Italiana “Diciotti” ), la procedura seguita per la legge di Bilancio e altre leggi, saltando le competenti commissioni, comprimendo il dibattito Parlamentare con i voti di fiducia. Insomma, qui viene meno quello che si è soliti indicare come lo spazio pubblico, che, come rileva Habermas, “ implica i diritti d’eguaglianza e d’inclusione illimitata, tali da impedire meccanismi selettivi “.
La storia conosce molti periodi in cui lo spazio pubblico si oscura e il sistema delle relazioni umane diventa così incerto che le persone non chiedono più alla politica se non di prestare una particolare attenzione ai loro interessi individuali, vitali e alla loro sicurezza, senza considerazione per il mondo che sta tra di esse, fino a respingere ogni idea di universalismo aderendo ad un sovranismo identitario. E’ in epoche di questo genere che le forme del dibattito pubblico e lo spazio in cui si svolge il confronto democratico rivelano la loro insufficienza, fino a mettere in crisi le strutture di rappresentanza politica e le istanze democratiche. Li si può chiamare “ tempi bui” ( come li indica Bertolt Brecht), poiché la verticalità della crisi, che divide il popolo dai partiti e dalle istituzioni, ha assunto il volto della rivolta e della ribellione come simboli del cambiamento, una condizione che favorisce l’affermarsi di movimenti o partiti le cui parole d’ordine si rivelano antisistema e o semplificatrici dei processi economici e sociali.
Questo fenomeno, che storicamente ha generato sistemi antidemocratici e totalitari, si identifica oggi con il populismo e il revanscismo, coinvolgendo popoli che hanno vissuto o che si sono formati in tali condizioni culturali, sociali e politiche, inclini a disprezzare il mondo e lo spazio pubblico, ( dal nomos della terra di Carl Schmitt), privilegiando una visione o una tendenza per cui l’azione umana è ridotta a mero meccanismo di risposta ai processi di cambiamento della società,
Per definire questa tendenza in sociologia si ricorre al termine comportamentismo, una disposizione sociale che tende a ridurre l’azione umana a mero meccanismo di risposta alle difficoltà economiche e sociali dovute alla contingenza del momento politico, fino a trasferire nella dimensione dell’utilitarismo ogni valore della ragione e della consapevolezza soggettiva: è pertinente alla teoria dell’utilitarismo giustificare tutte le azioni in base ad un interesse eliminando il ruolo dell’orientamento normativo. Ma sono invece le norme, per la loro rilevanza negativa, che collegano l’individuo alla società di cui è parte, il che in parte riduce il libero arbitrio umano: l’uomo nel suo comportamento è vincolato da queste norme sociali (se non le segue ne subisce le sanzioni), e queste norme sono espressione dei valori di fondo di una cultura plurale su cui basare l’azione individuale, che mediante lo spazio pubblico e le pratiche discorsive ricollega alla società nel suo insieme individuo/società. Un successivo passo avanti è compiuto nell’approfondimento teorico con la definizione del concetto di sistema, in cui le pratiche discorsive ne definiscono le caratteristiche e le modalità funzionali alle procedure istituzionali e alle forme della democrazia partecipativa.
Il comportamentismo è oggi il fenomeno che caratterizza e identifica l’orientamento del voto politico che sostiene l’attuale maggioranza di governo giallo/verde, che opera attuando una politica in cui le normative parlamentari ed istituzionali sono palesemente violate e lo spazio pubblico svalutato, e tende a svuotare ulteriormente di senso la politica.
La sinistra, di fronte all’allarmante situazione, deve cogliere l’occasione di superare le divisioni e porsi come un’alternativa. Certo, si prospetta un compito difficile: intanto recuperare credibilità e identità per costruire una vera alternativa all’attuale stato delle cose, poi progettare e proporre al paese un percorso per un modello di sviluppo credibile e possibile, me che deve ad ogni modo porsi come affidabile e concreto, se non vuole assumersi la corresponsabilità di una crisi economica e il tracollo della democrazia.
E’ ora il momento, la sinistra ritrovi se stessa. Speriamo che gli Idoli del passato comprendano e si adoperino per sostenere la ricostruzione di un fronte di lotta e alternativa, prima che sia troppo tardi!
Alberto Angeli