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Il XX secolo si concluse con un drammatico interrogativo sul destino dell’idea socialista, sulla quale ormai è diventato un luogo comune affermare la crisi d’identità e di rappresentanza politica del socialismo democratico, a conformare la tesi, formulata alcuni anni fa da Ralf Dahrendorf, secondo la quale il “secolo della socialdemocrazia” è finito. La tesi di Dharendorf è contenuta nel breve e affascinante libro, scritto nella forma di una lettera indirizzata ad un amico, dal titolo. “ 1989. Riflessioni sulla rivoluzione in Europa”, a rievocare l’opera più celebre di Edmund Burke, pubblicata nel 1790, dal titolo lunghissimo: “Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia e sulle deliberazioni di alcune società di Londra relative a tale evento. In una lettera indirizzata a un gentiluomo di Parigi, dell’onorevole Edmund Burke”, un richiamo che tuttavia rendeva il giudizio di Dahrendorf meno pessimista, per quanto riguardava le vicende Europee, considerate nella diversità dei tempi del loro svolgimento.
Per chiarezza occorre però premettere che le riflessioni di Dharendorf traevano la loro ispirazione dagli avvenimenti che avevano portato al collasso i regimi dell’est, dilatandone l’analisi fino a individuare, in via teorica, quale sarebbe stata poi la strada che questi paesi avrebbero potuto imboccare, non trascurando di interrogarsi sul fatto che ciò determinava una nuova realtà, carica di imprevisti, circa il futuro dell’Europa. Per Dharendorf, dunque, la crisi del comunismo era da considerarsi inevitabile, sia per la sua inefficienza sul piano della crescita economica, che dall’assenza di un sistema di risparmio e del credito, da cui originava il livellamento delle diverse articolazioni sociali e delle condizioni di vita, giudizio che non aveva nulla di profetico in quanto basato su un’analisi lucida e intelligente di quel sistema di assolutismo politico ed economico. Tuttavia la caduta del muro rappresentò tutt’altra cosa rispetto ai segnali, questi si profetici, sui quali Dharendorf misurava la coincidenza della fine del comunismo con la crisi della sinistra Europea, poiché mentre la fine del comunismo coincideva con la caduta del muro, non poteva darsi per scontato che a questa crisi seguisse quella del socialismo democratico europeo dato che, appunto, non aveva alcuna attinenza con la crisi del marxleinilismo.
Affermare, quindi, che le intuizioni teoriche di Dharendorf si siano confermate nel corso di questi 30 anni dalla caduta del muro, durante i quali l’Europa si è aperta a molti dei paesi dell’ex blocco Sovietico, oggi pienamente integrati ( di cui 5 condividono l’Euro come moneta, mentre 6 sono parte dell’Europa pur non condividendo la moneta Euro), costituisce una mezza verità, dato che in questo primo ventennio del XXI secolo non possiamo ignorare la riduzione a rappresentanza affatto simbolica dell’ideale socialista in molti Paesi dell’Europa democratica, a causa della trasfigurazione identitaria e politica degli ideali socialisti, con l’archiviazione del pensiero rivoluzionario e anticapitalistico sostituendolo con un distopico sogno di rifondazione di un socialismo liberale del XXI secolo,
E qui s’impone un’altra precisazione: è totalmente sbagliato attribuire a un fenomeno naturale o al destino cinico e baro la destrutturazione dell’ideale socialista, conseguenza di una metamorfosi identitaria e di prospettiva politica, che si è concretizzata nell’abbandono della sua vocazione genetica di alternativa al capitalismo per identificarsi in una politica liberal-borghese e di collaborazione con il potere economico e finanziario, e scoprire così di ritrovarsi nell’indistinto processo politico in cui destra e sinistra si annullano in un indeterminismo sociale a vantaggio dei populisti e sovranisti. E’ questa curvatura politica che determina per la sinistra la perdita del sostegno elettorale del mondo del lavoro, degli esclusi, di chi subisce le diseguaglianze prodotte dalla globalizzazione, che sembra inarrestabile in molti Paesi, ma, per quanto c’interessa qui rilevare, soprattutto in Italia. Ed è in questa frattura che si inserisce il populismo con la manipolazione dei temi sensibili: lavoro, reddito, sicurezza, immigrazione, ambiente, politica Europea, ruolo dell’Euro, fino a spingersi ad una messa in discussione del parlamento, della democrazia, dell’antifascismo
Costituzionale. Ed il rapporto del CENSIS del 2019 è sicuramente un campanello di allarme. Questi processi politici sono parte viva della storia e della cultura politica del Paese, che hanno travolto l’ideale socialista e portato la sinistra del Paese ad impaniarsi in una crisi identitaria incontenibile, crisi della quale analisti, opinionisti, studiosi dell’evoluzione sociale si sono espressi scrivendo e dibattendo, ciascuno proponendo una propria visione o interpretazione delle ragioni che hanno determinato il dissolvimento della sinistra, mentre i più audaci si cimentano in ipotesi di rilancio del socialismo, cogliendo al proposito il XXI secolo come il secolo nuovo da cui ripartire per fondare una nuova idea di socialismo.
Viviamo una metamorfosi singolare: il socialismo perde terreno nella società, avanzano invece i populisti e i sovranisti, in ogni angolo del pianeta e, “tragedia della vita”, come ricorda Schopenhauer, si deve registrare il riemergere dalla spazzatura della storia di formazioni di negazionisti fascistoidi ed emulatori nazisti. Il socialismo è la realtà e la realtà è il vero della dialettica, questo ci consegna Hegel, e la verità non risiede nell’idea che ci sia un socialismo liberale, un socialismo riformista o un socialismo democratico, poiché il socialismo è democratico, riformista e intrinsecamente libertario, tutto ciò per ontogenesi. Allora, un socialismo del XXI secolo assunto come definizione di altro, una sorte di clone politico, costituisce un’antinomia, se non un’aporia. D’altro canto sull’idea di fondare un socialismo liberale del XXI secolo si era speso, 1996, il sociologo Tedesco Heinz Dieterich, con un saggio nel quale affronta una riformulazione del socialismo in termini invero già desueti, poiché si richiamava ad un socialismo democratico alternativo al socialismo rivoluzionario, con un interesse per l’ambiente e l’ecologia, con forme di ecosocialismo e antiglobalizzazione Nel 2005 anche Hugo Chàvez in un celebre discorso al World Social Forum del 2005 finì per identificare il socialismo con la linea politica da lui adottata assieme al suo partito, a seguito del quale finì per essere associato al neologismo politico di chavismo, scomparso con lo stesso fondatore. Oggi, infatti, ciò che il Venezuela sotto Chàvez rappresentava come ideale socialista, non esiste più. Infatti, una delle democrazie più ricche e longeve dell’America latina, si dibatte in una tremenda crisi economica e sociale: povertà diffusa, mancanza di medicinali, di lavoro, di libertà, e tuttora vive il dramma di una guerra civile in agguato tra Maduro e i seguaci di Juan Guaidó.
Il futuro dell’umanità, nell’era dei nuovi poteri che esercitano un controllo quasi assoluto sulla nostra vita privata, fino ad influenzarne i comportamenti, un nuovo capitalismo che non si limita ad automatizzare i flussi di informazione sulla nostra vita quotidiana, dei nostri rapporti, delle nostre idee e ambizioni, ma già raccoglie, elabora e governa ogni informazione sulla vita privata di miliardi di individui e ne cataloga desideri, ambizioni, e orientamenti politici, e macina migliaia di miliardi di dollari di fatturato, diviene indispensabile rielaborare scientificamente forme e modalità del socialismo come strumento politico di lotta contro queste nuove realtà, in cui i Big data, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale determineranno cambiamenti nei processi produttivi e nelle conseguenti modalità di sfruttamento del lavoro. L’economista Shoshana Zuboff afferma nel suo ultimo lavoro: “ogni vaccino inizia con un’attenta conoscenza della malattia nemica”, e per il socialismo la malattia sono le nuove forme di sfruttamento e di condizionamento delle libertà individuali e collettive e l’antidoto, il vaccino contro la malattia del nuovo capitalismo moderno è il socialismo, anche se, certamente, occorre un laboratorio in cui approfondire la ricerca di queste nuove forme patologiche con le quali si manifesta la malattia, e non solo perché siamo nel XXI secolo, ma perché il socialismo rimane oggi l’unica e ultima risposta.
Alberto Angeli